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Storia

Il primo club italiano dedicato alla Fiat 500 “Topolino”

La Storia I Modelli

Il progetto ZeroA

Nel 1934 l’ing. Fessia, allora direttore tecnico della FIAT e coordinatore del progetto, affida al gruppo del ventinovenne ing. Giacosa, della sezione Motori Avio, il compito di progettare il telaio per una vettura piccola, economica, in grado di essere venduta a 5.000 lire, secondo le direttive ricevute dal management.
Come noto, il gruppo di Giacosa non aveva mai progettato un’automobile: il condizionamento della tradizione è perciò minimo e lo dimostra la direzione subito presa con l’idea di un telaio minimale e una scocca che collabora alla rigidità dell’insieme.

Il telaio disegnato consiste di una coppia di longheroni rettilinei ravvicinati, limitati alla parte compresa tra le ruote, senza nemmeno raggiungere l’asse posteriore. L’abitabilità del telaio dalle dimensione assai ridotte - l’interasse è di appena 2 m. - è garantita dalla geniale intuizione di posizionare il motore a sbalzo anteriormente all’asse anteriore ove è collocato, in posizione arretrata rispetto al motore stesso, il radiatore, soluzione contraria all’usuale posizionamento del motore tra asse anteriore e cruscotto.

Un ulteriore elemento di innovazione, fortemente promosso da Fessia stesso, è la compatibilità del progetto con la trazione anteriore: con lo spazio completamente libero tra i fuselli delle ruote e la presa di moto sul cambio, con la sospensione anteriore a balestra trasversale, questa automobile, con ritocchi significativi ma senza sostanziali mutamenti, potrebbe avere semiassi oscillanti a portare il moto alle ruote anteriori. Anche la leggerezza della sospensione posteriore con balestre a quarto di ellisse, fa presagire un telaio con l’assale posteriore limitato ad un semplice asse con due ruote, senza il peso e l’ingombro del ponte con coppia conica e differenziale e con il carico dell’albero di trasmissione.

La prudenza della “vecchia guardia” FIAT suggerisce di mantenere l’approccio più tradizionale della trazione posteriore, così come un convenzionale motore a 4 cilindri in linea con raffreddamento ad acqua, vista anche la poco felice esperienza del motore bicilindrico con raffreddamento ad aria proposto da Lardone proprio in quegli anni.
Sia pur convenzionale, il motore è straordinariamente compatto e semplice: valvole laterali per limitarne l’altezza, niente pompa di alimentazione, niente pompa di raffreddamento.

La linea della scocca, realizzata dall’ufficio tecnico carrozzeria sotto la direzione di Rodolfo Schaeffer, è fortemente influenzata dagli studi aerodinamici dell’epoca: muso sfuggente (possibile, ricordiamo, per la collocazione arretrata del radiatore), fanali incassati nei parafanghi. Di fatto la linea è un coupè con coda che offre due comodi posti più vano bagagli o spazio per due bambini su una panchetta posteriore di fortuna.

Le dimensioni ridotte, uniche nel panorama automobilistico dell’epoca, impongono pneumatici da 15”, misura fino ad allora inedita.
A partire dal dicembre ‘34 il progetto ZeroA assume la denominazione e il nome commerciale di FIAT 500.

La prima 500

Il 15 giugno 1936 la FIAT 500 è presentata ufficialmente sul mercato. La versione definitiva, corrispondente al disegno n. 343485, mostra alcune differenze rispetto al progetto ZeroA: la più evidente sono i fanali tradizionali esterni e non aerodinamicamente inglobati nei parafanghi, scelta dettata dalla maggior facilità di manutenzione e regolazione.
Al successo della iniziale versione berlina si affianca ben presto - ottobre ‘36 - quello ancor maggiore della versione trasformabile che offre maggior comfort nella stagione estiva e la possibilità di guadagnare, a tetto aperto, quasi due posti posteriori.

La FIAT 500 è proposta con una elegante livrea bicolore, sempre con parafanghi e pedane neri. Ma il motore dà qualche problema, con la sue concezione così decisamente spartana.
Propagandata come la piccola grande vettura o la vetturetta del lavoro e del risparmio, è da un lato, caratterizzata da dimensioni e consumi molto contenuti, ma, per contro, le 8.900 lire del prezzo sono ben di più delle intenzionali 5.000 lire dell’inizio del progetto, ancora troppe per la maggior parte degli italiani. E con i suoi due posti, la vettura è troppo piccola per la famiglia media italiana che ha bisogno di una vera 4-posti.

Almeno inizialmente il fenomeno Topolino assume quindi i connotati "di un episodio straordinario di ingegneria automobilistica, un episodio molto commovente di design di un oggetto che non era mai esistito prima in quella configurazione" (A. T. Anselmi - 1996 )
La Topolino è una automobile ben rifinita, con una attenzione non comune alla selleria alla carrozzeria, un’automobile "di lusso" al prezzo, pur sempre ragguardevole, di un’automobile di base.

Topolino

Topolino, ricordiamo, non è mai stato il nome della FIAT 500. Il soprannome entrò tuttavia ben presto di uso comune sia tra il pubblico e tra gli addetti ai lavori. L’accostamento della 500 all’animaletto trae spunto sia dalla innegabile somiglianza, soprattutto nella parte anteriore e nel profilo laterale, tra vettura e roditore, ma, e direi soprattutto, dal naturale accostamento con l’omonimo personaggio disegnato da Walt nel ‘27, le cui caratteristiche tonde orecchie nere vengono subito ricordate dai tondi fanali neri osservati da guidatore e passeggero. Il nome è in qualche modo "ufficializzato" da una diffusissima canzonetta italiana del ‘37 e da una curiosa canzone inglese che elencava le virtù del modello paragonandolo, appunto, ad un topo.

La 500 cresce

Già nel 1938 e precisamente a partire dal telaio n. 46001, la 500 subisce un ridisegno di tipo retrogrado, con il telaio reso convenzionale prolungandolo con i magnoni posteriori per l’applicazione di balestre semi-ellittiche al posto del piccolo quarto di ellisse.
Inizialmente concepita per dare alla versione furgone maggiore capacità di carico, questa modifica, che coinvolge buona parte dello chassis, è estesa anche alla berlina per uniformità di produzione.
La vettura diventa un po’ più confortevole, ma questa modifica "vuol dire almeno 30 Kg di peso in più, che su 13 CV sono tanti, e in un certo senso, annullare quella funzione innovativa di collaborazione tra carrozzeria e telaio perché quest’ ultimo, diventato tranquillamente un telaio degli anni Venti, non ne ha più bisogno in quanto autosufficiente" (A. T. Anselmi - 1996).

A dispetto del passo indietro, un veicolo più convenzionale è, dal punto di vista di “prodotto” certamente più sicuro tanto più quando l’ipotesi di una trazione anteriore è definitivamente tramontata. Con il nuovo telaio il tubo di scarico perde la caratteristica di terminare a metà fiancata destra per prolungarsi fino alla coda. Anche lo specchietto retrovisore cambia posizione: dal cruscotto al centro superiore del parabrezza, tra le alette parasole.

All’inizio del ‘37, l’entrata in vigore dei decreti ministeriali sulle segnalazioni che impone a tutte le vetture a guida interna l’adozione di indicatori di arresto e direzione, aveva causato anche la fornitura per tutti i modelli degli indicatori di direzione collocati sui montanti del parabrezza, inizialmente assenti e forniti solo per gli allestimenti extra, così come standard era diventato il gruppo ottico posteriore con luce di posizione e luce di arresto al posto della piccola gemma rossa fornita in precedenza. La produzione si assesta oltre le 20.000 unità annualmente prodotte, ma l’inizio del conflitto impatta pesantemente sui dati di produzione fino a ridurre a solo 177 il numero dei tali prodotti nel corso del 1944.

Dopo la guerra

Dopo la pausa produttiva del ‘44-’45 il successo della vetturetta del lavoro e del risparmio riprende con oltre 12.000 unità prodotte nel ‘47. La Topolino, che ora ha perso la caratteristica colorazione bicolore , appare però un po’ troppo limitata nelle prestazioni.

Nel 1948 è presentato al Salone di Ginevra il modello FIAT 500 B. A prima vista non differisce dal modello precedente, ma il telaio è sensibilmente rinnovato con nuovi ammortizzatori, nuove balestre e pneumatici di maggior sezione. Ancor più innovativo è il motore: del vecchio motore di 570 cc sono rimaste solo la cilindrata e la collocazione sbalzo davanti all’asse anteriore. La sistemazione delle valvole in testa con modifica del basamento e, ovviamente, della testata, l’alimentazione tramite pompa, il nuovo carburatore verticale ad aspirazione invertita danno un motore con 16,5 CV di potenza. Un incremento di quasi il 27% rispetto al precedente propulsore che porta la velocità massima a 95 Km/h con un diminuito consumo grazie al miglior rendimento termico. L’allestimento interno è decisamente migliorato e fa della 500 B una piccola vettura comoda ed elegante. Il volante è di foggia moderna a due razze, la strumentazione e di nuovo disegno con illuminazione interna e indicazione del livello carburante, il riscaldamento interno è disponibile come elemento di serie a richiesta.

Le finiture interne sono accurate e omogenee con il predominare del colore marrone/beige cui si uniformano pomelleria, quadro porta-strumenti, cornici vetri, volante, asta cambio, specchietto retrovisore, alette parasole, ferramenta cappotta della versione trasformabile.

Il successo è confermato con otre 21.000 unità prodotte nel biennio ‘48 - ‘49. Il nuovo telaio e il nuovo motore permettono di offrire una versione della 500 B a 4 posti , un’esigenza molto sentita che la berlina a 2 posti non è in grado di soddisfare. L’eccedenza di tecnologie e manodopera nelle linee di produzione delle ossature lignee delle carrozzerie, ormai abbandonate, è convertita alla produzione della versione Giardiniera con scocca d’acciaio e pannelli e portiere di frassino e masonite in un elegante e accattivante accoppiamento di tinte metallizzate e color legno naturale.

Il nuovo stile

La nuova meccanica della 500 introdotta dopo la guerra ha bisogno di un nuovo vestito, più vicino al gusto estetico dell’epoca. Il Salone di Ginevra del 1949 presenta la 500 C. Il rinnovamento stilistico è evidente, però sotto parafanghi e cofani che ben poco hanno in comune con quelli disegnati nei primi anni ’30, il telaio e il motore restano immutati.

Tra le novità più interessanti sono da ricordare l’alloggiamento interno della ruota di scorta in un apposito vano, accessibile dall’esterno, dotato di sportello e serratura, la calandra a sviluppo orizzontale con tendina regolabile di protezione, i fanali incassati nei parafanghi, il cofano in unico pezzo con apertura comandata dall’interno. L’allestimento interno riprende, salvo alcuni dettagli, quello del modello B con lo stesso cruscotto e la stessa ebanisteria.

Accanto alla Berlina - nella versione anche trasformabile, di gran lunga preferita - si affianca subito la versione Giardiniera con pannelli e portiere lignee, così come era stato per il modello B.

Nel 1951 la Giardiniera è aggiornata con un modello, denominato Belvedere che sostituisce alla scocca mista una scocca interamente metallica che riprende, con un indovinato motivo a pannelli di diverso colore, il look della giardiniera senza ereditarne gli inconvenienti strutturali - rigidità delle portiere - e di manutenzione. La Belvedere monta gli indicatori di direzione lampeggianti con fanalini sui parafanghi al posto degli antiquati indicatori a bacchetta, soluzione poi trasferita a metà ‘52 anche alla Berlina. Anche i paraurti cromati sono di serie, mentre la berlina li monta solo come accessorio opzionale essendo la dotazione di serie costituita da bande gommante direttamente applicate ai fascioni anteriore e posteriore.

La versione Belvedere ha un successo straordinario, con la sua capacità di trasportare 4 persone più bagaglio e la sua versatilità che la fanno diventare, all’occorrenza abbattendo lo schienale della panca posteriore, un veicolo commerciale con un non banale volume di carico. Questa duplice personalità ha caratterizzato il paesaggio stradale, urbano ed extraurbano, dell’Italia della ricostruzione ben oltre la cessazione della produzione, avvenuta del gennaio 1955.

Addio 'Topolino della strada,
addio 'cinquecento giardinetta,
sei l’ultima ad andare per la contrada,
verso quel fato che pure Te aspetta.

Sei l’ultima a passar tra queste mani
che in mille e mille t’hanno fabbricata,
da quando Tu sorgesti ai dì lontani,
di volta in volta sempre migliorata.

E và con Te una parte della vita
passata insieme, un poco triste e lieta;
ma la tua fine non rattrista, Additta
a correre bensì, verso altra meta.

Le mete del progresso che s'avanza,
sorretto dalle fede e da speranza.


Mirafiori Off. 17